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Ingegneri in vigna: tre amici e il Brunello bio

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 di Alessandro Luongo

Massimo Bronzato (34 anni), Stefano Brunetto (35), Riccardo Caliari (35), dal 5 settembre 2014 sono i nuovi proprietari della tenuta vitivinicola “Le Macioche” di Montalcino (Siena).

Piccola azienda produttrice di Brunello di Montalcino (18mila bottiglie l’anno), e olio (500 litri), dal 2001 votata al biologico, ma senza ottenere la certificazione, sulla quale, invece, i tre giovani imprenditori veronesi puntano.

Bronzato è ingegnere meccanico; Brunetto, laureato in Economia e commercio; Caliari, ingegnere gestionale. Dopo gli studi universitari, Riccardo e Massimo maturano esperienze nel settore del risparmio energetico mentre Stefano lavora come libero professionista in ambito contabile e fiscale.

Amici fin dai tempi del liceo, Stefano e Riccardo si ritrovano a fantasticare sulla possibilità di intraprendere la strada imprenditoriale insieme.

Intuendo le opportunità che il settore dell’energia può offrire in quegli anni, nel 2009 lasciano le rispettive professioni e si mettono in gioco.

I due amici decidono di coinvolgere nel loro progetto anche Massimo Bronzato che, con Caliari, ha condiviso parte del percorso professionale proprio nel settore energetico.

Nasce così Cloros, società specializzata in efficienza energetica e sostenibilità. I primi risultati sono raccolti dopo un anno, ma è dall’inizio del 2011 che il business vede una crescita rapida.

La politica dei tre giovani è di reinvestire gli utili. Per i primi tre anni si concentrano dunque sullo sviluppo di questo business, ma nel 2014 iniziano a riflettere sulla possibilità di investire in un settore differente, consapevoli del fatto che diversificare riduce il rischio d’impresa.

Da cosa nasce l’idea di acquistare la tenuta? <<Per me è stata anche una valutazione di cuore- spiega Stefano Brunetto- per gli altri due più di testa>>.

Stefano durante l’università aveva, infatti, lavorato in aziende vitivinicole, partecipato alla vendemmia, e per guadagnarsi qualche soldo andava a vendere i vini della tenuta di un amico ai ristoranti del veronese.

Proprio lui è stato pertanto incaricato di fare scouting e cercare il buon investimento; è uno studioso autodidatta di vino, negli anni ha fatto workshop per passione, ora sta approfondendo gli studi di agronomia. Dei tre è quello coinvolto direttamente nella tenuta.

<<Una volta deciso di investire in questo comparto, ho iniziato a fare ricerche creando un trauma emotivo ai miei soci – spiega Brunetto – perché si aspettavano che cercassi in Valpolicella, ma così non è stato, per una semplice valutazione: noi tre non siamo vignaioli da generazioni, non abbiamo esperienza, e in una logica di riduzione del rischio la cosa migliore era quella di scegliere una zona che geograficamente fosse più forte del nostro brand>>.

E il Brunello di Montalcino, a prescindere dall’etichetta, è, in effetti, conosciuto e rinomato in tutto il mondo. Insomma, a livello logistico la Valpolicella era la scelta migliore e più di cuore, e Brunetto stesso è cresciuto in Valpolicella, ma è poi prevalsa la sua formazione economica e l’obiettivo dell’investimento: investire in un’eccellenza italiana di alta qualità.

<<La mentalità nella Valpolicella è poi di essere primi imprenditori e poi produttori; a Montalcino è invece il contrario: poco imprenditori e molto contadini. Noi non abbiamo le competenze, ma possiamo fare una buona comunicazione laddove ci sia già una forte e riconosciuta cultura della produzione>>.

Alla fine Le Macioche a Montalcino ha rappresentato la soluzione ideale per il loro progetto, sia per l’investimento richiesto sia perché la produzione di ottima qualità non era mai stata adeguatamente valorizzata. Il finanziamento è arrivato dagli utili di Cloros e in parte attraverso un prestito bancario.

Le Macioche è un’azienda agricola di qualità, in regime biologico dal 2001, ma i precedenti proprietari non avevano ritenuto necessario ottenere la certificazione.

<<Ma non è solo una questione di bollino- precisa Brunetto- noi puntiamo sul biologico perché crediamo che sia il metodo migliore per un prodotto di qualità>>.

La resa resterà dunque invariata per non andare a discapito della qualità, ma nei piani c’è l’intenzione di aggiungere superficie vitata. La produzione è venduta per il 20 per cento in Italia e per l’80 per cento all’estero, soprattutto negli Stati Uniti, primo mercato, poi in Canada, Inghilterra, nord dell’Europa e, di recente, nel mercato asiatico, in Giappone, Cina e Corea, e nell’area sud americana con Colombia e Brasile.

Il target italiano è la ristorazione di alto livello cui si aggiungono i ristoranti degli hotel di lusso. Il 70- 80 per cento delle bottiglie Le Macioche è venduto direttamente in cantina, dove sono accolti anche turisti e ristoratori della zona.

Sviluppi anche sul fronte occupazionale. Confermato il vecchio personale e inserita una nuova figura che si occupa della promozione del mercato estero e dell’accoglienza in cantina. Se, infine, sarà aumentata la superficie coltivata potrebbe essere necessario un nuovo profilo per le operazioni in vigna.

 

 


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